«All’inizio, non mi rendevo neanche conto. Pensavo fosse solo un gioco. Prima, il raid per manomettere l’estintore della scuola e il video pubblicato su Youtube. Poi, le vignette in cui prendevamo in giro professori e compagni su Instagram. E’ avvenuto tutto così in fretta», racconta Andrea, 14 anni, studente del primo anno di liceo classico dell’Educandato Maria Adelaide, sguardo vispo, piercing al naso e sorriso gentile. «Ho capito davvero quello che avevo fatto – dice – quando la preside mi ha mandato a Brancaccio, dove hanno ucciso don Pino Puglisi e dove adesso operano degli straordinari volontari del centro Padre Nostro. Sono diventato uno di loro per una settimana». Dal cyberspazio alla periferia di Palermo, il passo è stato breve. «Non credo alle sospensioni – spiega Angela Randazzo, la dirigente scolastica che prima di arrivare al Maria Adelaide ha lavorato a lungo nella frontiera di Brancaccio - Credo piuttosto nel valore della testimonianza e della conoscenza». Per Andrea sono stati giorni di emozioni forti. «Altro che social network – racconta adesso – Insegnare ai ragazzini di Brancaccio a giocare a freesby è stata una sensazione indescrivibile».
Ora, Andrea vuole lasciarsi alle spalle i suoi giorni pesanti e ha pensato che sarebbe stato bello raccontare ai suoi compagni la strada fatta. Dice: «Sul web bisogna stare attenti. E’ una grande opportunità, ma bisogna essere scettici quando si clicca su un link. Dietro una identità può nascondersene un’altra». Andrea invita i compagni a considerare che «il vero mondo è quello che sta fuori il Web». A 14 anni, non è facile. «Questa estate voglio tornare a Brancaccio – dice - magari convinto pure qualche amico a venire con me». Il messaggio che gli sta più a cuore è questo: «Non lasciatevi trascinare». Accanto a lui, il padre: «Ho capito subito che quella settimana a Brancaccio sarebbe stata una grande opportunità di conforto con altri ragazzi protagonisti di esperienze familiari e umane complesse». L’anno scorso, un altro studente del Maria Adelaide aveva trascorso una settimana con i volontari del centro Padre Nostro: «Ci siamo trovati a fronteggiare una situazione difficile - spiega la preside – Lo studente si ea ritrovato a spacciare sostanze stupefacenti. E anche in quel caso il percorso a Brancaccio è stato importante». Qualche giorno fa, è stato invece un protagonista di Brancaccio ad andare a scuola, per raccontare la sua storia. «Si tratta di un ergastolano in regine di semilibertà - spiega Angela Randazzo – Ha parlato della sua vita e dell’errore che lo ha segnato per sempre: una rapina che si è trasformata in un omicidio». Per questo, il testimone d’eccezione di Brancaccio sta scontando il carcere a vita, anche se la mattina va a lavorare al centro Padre Nostro.
«A Brancaccio, ho capito davvero tante cose», ripete Andrea. La preside rilancia: «Ricorro al centro Padre Nostro solo per alcuni casi particolari in cui vedo un margine di recupero. E i fatti mi hanno dato ragione. Ragazzi che si sentivano onnipotenti, sono diventati adesso testimoni di un nuovo racconto di riscatto». Andrea ha già fatto una lezione ai propri compagni, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. E i compagni lo hanno applaudito.
di Salvo Palazzolo
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