Il Centro Padre Nostro attende 150mila euro di rette per la casa famiglia che a Brancaccio accoglie mamme e bambini, la cooperativa Sefora che gestisce due comunità per minori vanta 200mila euro di crediti e c’è anche la cooperativa sociale Chiddiddà con circa 100mila euro di arretrati. È così per tutto il terzo settore che in città porta avanti servizi essenziali: dai minori agli anziani, dai disabili ai migranti, dalle donne vittime di violenza al disagio psichico. In tutto circa 250 enti, 8mila operatori, 40mila persone assististe a vario titolo, per 90 milioni di euro di servizi ogni anno fra soldi comunali e non. Adesso una nota della ragioneria generale del Comune di Palermo ha sospeso tutti i pagamenti e per il futuro chi vanta crediti dovrà richiederli con un apposito modulo entro e non oltre il mese di aprile, ma bene che vada se li vedrà decurtare almeno del 20 per cento come effetto del Piano di riequilibrio, approvato dal Consiglio comunale a fine gennaio per evitare il dissesto. Una beffa che si aggiunge all’annoso ritardo dell’amministrazione sui pagamenti.
C’è chi attende anche da un anno. Ma le cooperative sociali e le onlus che stamattina manifesteranno davanti alla sede della Ragioneria comunale in via Roma sono in rivolta: «Non ci stiamo. Non siamo imprese, non abbiamo utili, così siamo costretti a licenziare e sospendere i servizi», dicono dal terzo settore.
«Attendiamo i soldi delle rette da giugno scorso – dice Maurizio Artale del Centro Padre Nostro – Con 30mila euro in meno per la casa famiglia come pago il personale? I soldi per il cibo e le bollette sono stati già spesi. Non si tratta di rischiare gli utili di un’impresa, si tratta di pagare i costi vivi. Se non si torna indietro su questa decisione dovrò licenziare 25 lavoratori del centro. Possiamo solo chiudere». Chi lavora all’Agenzia per la casa del Comune che si occupa delle famiglie in disagio abitativo non vede lo stipendio da dieci mesi anche se si tratta di soldi del Pon metro, non comunali. Sono bloccati anche quelli.
«Se il Comune mantiene questa linea saremo noi a bloccare i servizi – dice Francesco Passantino della cooperativa Solco, capofila dell’Agenzia per la casa – Devono sbloccare le somme non vincolate al bilancio comunale. Abbiamo 40 dipendenti, se continua così non vedremo stipendi prima dell’autunno, non si può andare avanti». La cooperativa sociale Sefora, secondo questi parametri, dovrà fare a meno di 60mila euro.
«Abbiamo 14 dipendenti – dice Rosi Ficara della cooperativa sociale Sefora che gestisce due comunità per minori – Con 60 mila euro in meno per la decurtazione dei crediti non abbiamo dove andare. Sono spese già sostenute soprattutto per il personale. Dove prendiamo questi soldi?»
«Non possiamo più programmare il futuro – aggiunge Maria Pia Ruffiano della cooperativa Chiddiddà – Senza parlare dei soldi già spesi». La Legacoop Sicilia, Legacoopsociali Sicilia e Confcooperative chiederanno un tavolo tecnico al Comune e se necessario alla prefettura. A rischio ci sono tutti i servizi. La richiesta di aiuto è stata rivolta anche al senatore Steni Di Piazza che sta approfondendo la questione guardando anche quello che accade in città come Napoli e Torino. Bisogna capire se i crediti degli enti no profit possono essere esonerati dai tagli. Intanto l’assessora comunale alle Attività sociali, Cinzia Mantegna, ha chiesto chiarimenti alla Ragioneria che a sua volta ha chiesto un parere in merito all’avvocatura comunale. «Abbiamo sollecitato il parere dell’avvocatura – dice Mantegna – Sappiamo che si tratta di servizi essenziali che non pensavamo sarebbero finiti nei tagli dei crediti».
Di Claudia Brunetto
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