«Il primo miracolo che ha fatto padre Pino Puglisi in me è stato togliere il pregiudizio, perché togliendolo io possa aprirmi a tutto e a tutti». Si può riassumere in questa frase l’intervista a Maurizio Artale, presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro a Brancaccio. Ed è proprio a Brancaccio che si concentra la nostra visita: dopo aver approfondito il tema della dispersione scolastica ed esserci documentati sulla vita di 3P, decidiamo di toccare con mano quanto studiato in aula. Siamo stati in otto, tutti studenti del Disum Unict, e partiamo da Catania in un torrido lunedì di giugno alla volta di Palermo. A Brancaccio, il quartiere che vide in azione padre Puglisi, tutto rispecchia le nostre previsioni: strade sporche e deserte, grandi e degradate palazzine. Tutto tace tranne un campetto da calcio pieno di ragazzini. Istintivamente ci avviciniamo ai ragazzi per conoscere le loro storie. La prima cosa che chiediamo è se conosco la storia di padre Puglisi. Secca la risposta:: «Miii, ogni anno ci portano a so casa, c’avia picciuli ‘u parrinu» All’arrivo di Giuseppe, uno dei volontari del centro, passiamo alla visita della casa museo facendo attenzione a ogni dettaglio: il salotto adibito da padre Pino a stanza per l’ascolto di tutti coloro che ne avessero bisogno e il suo studio stracolmo di libri. Ci spostiamo, poi, al centro “Padre Nostro” e ad accoglierci troviamo Riccardo assieme a due ragazzi del servizio civile. Con lui visitiamo alcuni luoghi simbolo: il Centro aggregativo giovanile ottenuto dalla ristrutturazione di una torre seicentesca; la sede del doposcuola costruito in uno dei palazzi di Via Hazon in cui prima venivano realizzate le scommesse clandestine sugli animali e il centro polivalente: «E’ un traguardo riuscire a far giocare anche solo due ragazzi a basket, data l’abitudine a giocare a calcio», ci confessa Riccardo, mettendo in evidenza il compito dello sport: sviluppare una propria identità all’interno di un contesto condizionato dalla pressione al conformismo. Tutte queste strutture sono state realizzate lontano dalla parrocchia perché secondo Maurizio Artale: «Padre Puglisi voleva che al centro venissero tutti, credenti e non. Grazie a questo le persone hanno iniziato a darci fiducia». Durante la nostra passeggiata chiediamo a Riccardo quale sia il loro rapporto con i bambini del quartiere: «E’ difficile instaurare un rapporto di fiducia con i bambini ma una volta ottenuta, vedono in noi dei punti di riferimento, alle volte mancanti nelle figure genitoriali». Parole queste, confermate anche dal presidente del centro, che sottolinea come «grazie all’ideazione della casa del Figliol Prodigo, abbiamo accolto persone uscite dal carcere ma che non possedevano un alloggio. Le abbiamo rieducate poiché il nostro compito è quello di dire quando si sbaglia e quando no». Continuando la nostra chiacchierata con Maurizio Artale, c’è anche spazio per una battuta sul rapporto con le istituzioni ed egli cita il caso dell’asilo comunale: «per la realizzazione di questa struttura – dice- il Comune aveva perso circa 3 mln di euro, dopo la nostra protesta e la nostra perseveranza, questi soldi sono ritornarti e ora è già stato presentato il progetto. In uno stato democratico, la libertà risiede nella possibilità di criticare chi sta al potere mentre la forza sta nel difendere i propri principi». Terminata la nostra visita a Brancaccio, riprendiamo il bus e dopo altre tre ore arriviamo a casa con la consapevolezza che non bisogna giudicare sulla base dei pregiudizi. E ci ritorna in mente una delle frasi di padre Puglisi: «Ciascuno di noi è come una tessera di un grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l’unico volto del Cristo».
di Gaetano Randis
![]() |
rassegna stampa | ![]() |
avvenire | ![]() |
doposcuola | ![]() |
Segnala | ![]() |
Commenta |