Il 31 Maggio il grido di allarme e di sdegno si leva da più parti per il neonato di 1 mese "recluso" insieme alla madre nella Casa Circondariale di Pagliarelli (oggi Antonio Lorusso); e ancora una volta l’ancora di salvezza viene gettata dal mondo del Terzo Settore, da Frate Loris, cappellano dello stesso carcere che propone di prendersene cura, presso la sua struttura, della mamma con il bambino.
Forse non tutti sanno o ricordano che, seguendo gli insegnamenti del Beato Giuseppe Puglisi, il Centro di Accoglienza Padre Nostro da Lui fondato già una soluzione l’aveva proposta e pubblicata in uno studio-ricerca condotto dal Centro di Accoglienza Padre Nostro nel 2011: "Passi di Civiltà - Percorsi alternativi per una ri-definizione della detenzione femminile", a cura di Francesca Corso, Maria Pia Giuffrida, Augusta Roscioli, Maurizio Artale. Come noterete, il titolo lasciava spazio alla speranza ma anche all’ascolto del grido di quei pochi bambini, oggi giovani e adolescenti dimenticati.
Fa sdegno e non commuove sfogliare le ultime pagine della pubblicazione che riportano "tracce per atti amministrativi": in particolare si tratta di un Protocollo di Comodato d’uso gratuito da stipularsi tra il Centro di Accoglienza Padre Nostro e l’Amministrazione Penitenziaria, per attivare sul territorio regionale (a Palermo), in un immobile dell’Associazione in possesso degli standard richiesti per l’autorizzazione al funzionamento, una ICAM (Istituto a custodia attenuata per detenuti madri con bambino). Segue un Protocollo di Intesa Interistituzionale. Ma alla lettera inviata all’allora Provveditore, che era stato in visita per un sopralluogo presso la suddetta struttura, il Centro Padre Nostro non ha mai avuto risposta.
Purtroppo, nella terra dei martiri o di quelli che ipocritamente siamo ormai abituati a chiamare "eroi", fermarsi alla commozione non è più un "Passo di Civiltà".
Troppi anni sono trascorsi da quel progetto concreto e operativo, come ogni attività che l’Ente fondato dal Beato Giuseppe Puglisi intraprende e porta a compimento.
Una falsa pietà che oggi si ri-occupa, non si pre-occupa, di quel bambino detenuto presso il carcere Pagliarelli di Palermo.
Questa terra non è da oggi ultima a stagnare dentro parentesi drammatiche, presto dimenticate. Di Gattopardiana memoria anche la vicenda dell’apertura di una ICAM in Sicilia: «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». Come la vita dei bambini detenuti nel lontano 2010, così quella del piccolo detenuto oggi a Palermo: la frase pronunciata da Tancredi Falconeri, nonostante sia caratterizzante di un tempo ormai lontano, ha in sé una modernità senza pari.
La vita delle persone non cammina al passo con i media, non si nutre di princìpi di plastica attaccati a un preciso momento storico di questo o di quell’altro Governo. Malgrado e per fortuna la vita non si ferma. Già ieri, come oltre 15 anni fa, come adesso e domani, nessuno si ricorderà di questo bambino, né dei 30 del 2010, ma neanche di coloro che una "soluzione" l’avevano individuata e concretamente proposta.
La domanda che oggi tutti noi ci dovremmo porre è la seguente:
"che fine hanno fatto quei 30 bambini che nel 2010 erano reclusi, con la sola colpa di essere figli di un amore fragile che aveva portato le loro mamme a scontare una pena dentro un carcere?"
Questa domanda ha implicita l’obbligatorietà e l’avere delle risposte, perché questa domanda un giorno, a chi ha detto di aver creduto nel Dio dei cristiani e ai tanti che hanno citato il nome del Beato Giuseppe Puglisi nei loro discorsi, gli verrà posta come quella che fece a Caino: "dov’è Abele?" - Caino rispose: "non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?" Noi sappiamo per certo che siamo stati chiamati ad essere “guardiani dei più deboli, indifesi e incolpevoli”.
A quella domanda, non essendo un quiz televisivo, non potremo chiedere un aiuto da casa per dare la risposta!
ALLEGATI
Gds.it - Bimbo in cella e ipocrisia: dal 2010 niente soluzioni [3]
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