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Centro di Accoglienza Padre Nostro - ETS
Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus

Il nostro fondatore: Beato Giuseppe Puglisi

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Nell'immagine: Padre Pino Puglisi, fondatore del Centro di Accoglienza Padre Nostro
Nell'immagine: Padre Pino Puglisi, fondatore del Centro di Accoglienza Padre Nostro

Il piccolo prete chiamato "3P". nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. Entra nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e viene ordinato sacerdote dal Cardinale Ernesto Ruffini il 2 luglio 1960. Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi. Nel 1967 è nominato) cappellano presso l’Istituto per orfani di lavoratori «Roosevelt» e vicario presso la parrocchia Maria SS.ma Assunta Valdesi. Sin da questi primi anni segue con attenzione i giovani e si interessa delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Il primo ottobre 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo - segnato da una sanguinosa faida - dove rimane fino al 31 luglio 1978 riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono. In questi anni segue anche le battaglie socia­li di un’altra zona della periferia orientale della città, lo «Scaricatore». Il 9 agosto 1978 è nominato pro-rettore del Seminano minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Nel 1983 diventa responsabile del Centro Regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro Diocesano Vocazioni ha dedicato con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano. Don Giuseppe Puglisi è stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole. Ha insegnato al liceo classico Vittorio Emanuele II a Palermo dal 78 al 93. Dal 23 aprile 1989 sino alla morte svolse il suo ministero sacerdotale presso la Casa Madonna dell’accoglienza dell’Opera Pia Card. E. Ruffini in favore di giovani donne e ragazze in difficoltà. Nel 1992 assume l’incarico di direttore spirituale nel Seminario Arcivescovile di Palermo. A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui Presenza del Vangelo, Azione Cattolica, Fuci, Equipe Notre Dame. Il 29 settembre 1990 è nominato parroco della Parrocchia S. Gaetano di Brancaccio. L’annunzio di Gesù Cristo desiderava incarnarlo nel territorio, assumendone quindi tutti i problemi per farli propri della comunità cristiana. La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede. Questa sua attività pastorale come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie ha costituito un movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati. Nel ricordo del suo impegno, scuole, centri sociali, strutture sportive, strade e piazze a lui sono state intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia. A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo. Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio di don Giuseppe Puglisi, presbitero della Chiesa Palermitana. La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico. Padre Pino Puglisi viene proclamato Beato il 25 maggio 2013 a Palermo.

FRASI DI PADRE PINO PUGLISI

Il Signore sa aspettare «Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore. Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto si aprirà». Il senso della vita «Ognuno di noi sente dentro di se un'inclinazione, un carisma. Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione, è il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita».

Ho fatto del mio meglio «Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore. Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta.Dobbiamo avere, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio».

Come le tessere del mosaico «Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale. Ciascuno di noi come le tessere di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perchè si formi l'unico volto di Cristo». Dio ci dà la forza «L'amore per Dio purifica e libera. Ciò non significa che veniamo spersonalizzati ma, anzi, la nostra personalità viene esaltata e potenziata, cioè viene data una nuova potenzialità alle nostre facoltà naturali, alla nostra intelligenza. Viene data una luce nuova alla nostra volontà».

Le porole e i fatti «E' importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell'uomo per i soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore, ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti».

Se ognuno fa qualcosa «Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un'illusione che non possiamo permetterci. E' soltanto un segno per fornirci altri modelli, soprattutto ai giovani. lo facciamo per poter dire: dato che non c'è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto...»

La testimonianza che diventa martirio «Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio. Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza. Ricordate S. Paolo: "Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo". Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita»

PADRE PINO PUGLISI "E SE OGNUNO FA QUALCOSA..."
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