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Pasqua nel ricordo del beato Puglisi «Basta parole, Brancaccio chiede aiuto»

Accanto all’altare dove celebra don Francoforte, l’immagine di don Pino: «È ancora tra noi, ci guida. Ma siamo stanchi delle promesse dei politici e della retorica antimafia: il quartiere vive nell’abbandono quotidiano»

data articolo 02/04/2024 autore Avvenire categoria articolo RASSEGNA
 
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Pasqua nel ricordo del beato Puglisi Basta parole, Brancaccio chiede aiuto
Articolo di Avvenire

La Pasqua di Brancaccio si celebra sotto un cielo palermitano lattiginoso e soffocante. L’afa e l’avvento dell’ora legale non rendono agevole la presenza nella parrocchia di San Gaetano, alle dieci del mattino. Molta gente è stata a Messa di notte. Altri arrivano, comunque, alla spicciolata e si accomodano sulle panche, riempiendo gli spazi. Accanto all’altare, da una grande immagine, splende il sorriso del Beato Pino Puglisi, che qui cominciò la sua rivoluzione pacifica e fu assassinato dai sicari di Cosa nostra. Le altre foto, appese alle pareti, raccontano un cammino che non si è mai fermato. In risalto gli scatti della visita di papa Francesco, nel 2018.
La speranza, specialmente a Brancaccio, è un genere di prima necessità, da conquistare
faticosamente, minuto dopo minuto. «Il quartiere ha bisogno di tutto, in termini di servizi, vivendo in uno stato di abbandono – dice il parroco, don Maurizio Francoforte-. C’è il tour dei politici che torneranno per le elezioni europee, c’è la ricorrenza degli anniversari dell’antimafia. Ma, adesso, siamo stanchi, perché c’è bisogno di un aiuto quotidiano. Chi non sa dare risposte, non venga, non abbiamo bisogno delle semplici parole. Siamo stanchi, lo ripeto, di troppa indifferenza. E siamo stanchi pure della retorica sulle vittime, come don Pino. Chi viene qua, sappia che sta incontrando un risorto, non un morto». 
Qualcosa di buono si muove, comunque, a margine del disagio. L’asilo voluto proprio da don Pino si avvicina alla sua realizzazione. Altre iniziative sono in campo, per gettare ponti. 
È la Pasqua di Brancaccio, la sacrestia della parrocchia si anima. Don Maurizio comincia la vestizione, mentre la chiesa si va affollando. «Noi vogliamo che si guardi e che si valorizzi la bellezza – dice don Maurizio -. Purtroppo, assistiamo al rigurgito di vecchie logiche e brutte mentalità. Qualche giorno fa è stato devastato il parco giochi della rotonda. Non è soltanto un gesto casuale di violenza, qualcosa di effimero, ma la conferma di quello che sostengo. Come per ricordare che c’è qualcuno che comanda contro ogni forma di promozione: è una strategia precisa. Il degrado, purtroppo, è ancora molto profondo. Ma noi dobbiamo costruire un’alternativa, anche se è complicato, perché non riceviamo supporto concreto. Con la comunità, abbiamo fatto una riflessione, partendo sempre da
don Pino. Il parroco è sempre lui, è lui che ci guida. Vale la pena di crederci e di lottare per migliorare le cose».

Degrado e violenza sono ancora radicati: alcuni giorni fa è stato devastato il parco giochi. «Non c’è sostegno per i nostri progetti, ma non possiamo arrenderci»

Ecco l’ora della celebrazione. Volontari, suore, bambini e genitori sono nelle prime file. Don Maurizio, nella sua omelia, incalza e batte su quelle stesse idee: «Oggi c’è l’ora legale, una delle poche cose rimaste legali a Palermo. Chi è qui può vedere i risorti, non i morti. Non ci servono i politici con le loro promesse. Noi stessi dobbiamo sbracciarci e impegnarci a fondo. Perché è questo che fanno i cristiani». La Messa finisce e i bambini vengono invitati all’altare per ricevere in dono un ovetto di cioccolato. A pochi metri dalla parrocchia c’è il Centro “Padre Nostro’” «Io sono fiducioso – dice Maurizio Artale, il presidente, caparbiamente impegnato nel progetto dell’asilo e in mille altre sfide – alla fine del mese sarà aperto il nostro centro aggregativo per i giovani, aspettiamo che il Comune sistemi il marciapiede e le ultime cose. Poi toccherà al poliambulatorio. Non ci si può distrarre. Ogni mattina c’è da alzarsi e mettersi in cammino, senza arrendersi, seguendo l’impegno del Beato Puglisi». Che non è mai andato via dal suo quartiere, perché è sempre qui, a Brancaccio. Nelle parole di chi gli vuole bene. Nella foto grande in chiesa, come nelle memorie sparpagliate dolcemente qua e là. Nella strada che ha, anche lui, indicato per la resurrezione.

di Roberto Puglisi

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