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Intervista al prefetto Massimo Mariani
"La mafia si riorganizza ma la cittą ha gli anticorpi"

data articolo 02/06/2024 autore La Repubblica categoria articolo RASSEGNA
 
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Intervista al prefetto Massimo Mariani La mafia si riorganizza ma la cittą ha gli anticorpi
Massimo Mariani con i volontari del centro Padre Nostro

«Nelle periferie, la mafia rialza la testa anche attraverso una subcultura che torna purtroppo ad avanzare fra le giovani generazioni». Il prefetto di Palermo Massimo Mariani è appena tornato da un incontro con i volontari del Centro Padre Nostro, nella Casa Museo di don Puglisi: «Ho voluto portare una testimonianza concreta di vicinanza – dice – dopo i raid e gli atti di vandalismo che si sono verificati a piazza Anita Garibaldi, dove fu ucciso don Pino».

A Brancaccio, le operazioni antimafia continuano a susseguirsi. Eppure, i clan sembrano avere una grande capacità di riorganizzarsi, soprattutto grazie ai soldi del traffico e dello spaccio di stupefacenti. Cosa accade nelle nostre periferie?

«Le operazioni che lei ricorda sono innanzitutto una conferma dello straordinario lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine. È però un dato di fatto che le consorterie criminali tendono a riorganizzarsi, è quindi necessario porre in atto tutti gli strumenti a disposizione per prevenire e contrastare questi tentativi. Credo che sia molto importante soprattutto lavorare con i nostri giovani, sul fronte della lotta alla droga. È quello che fanno i tanti volontari nelle nostre periferie, alcuni dei quali ho avuto modo di conoscere. Dobbiamo essere loro grati, perché portano avanti la missione di don Pino Puglisi, il cui sacrificio è la conferma di quanto questo lavoro, svolto con passione e abnegazione sul territorio, fosse tale da indurre le organizzazioni mafiose a volerne la morte».

Cosa l’ha colpita della casa di Pino Puglisi?

«Il gran numero di libri che vi sono ancora custoditi e, ancor di più, le fotografie che riproducono altri scaffali, stracarichi, che dimostrano l’importanza che attribuiva alla cultura: la sua, ma anche, devo credere, quella di tutti coloro, primi fra tutti i giovani, che erano in relazione con lui. In tal senso è fondamentale il ruolo della scuola e delle famiglie, che devono lavorare in sinergia, per offrire ai ragazzi possibilità concrete, un’alternativa di vita che vada oltre il degrado e miri alla loro crescita».

Il procuratore de Lucia ha parlato di borghesia mafiosa nella conferenza stampa per l’arresto di Matteo Messina Denaro, a proposito delle persone che hanno favorito la sua latitanza. Quanto è diffusa la cultura mafiosa anche fra i cosiddetti bianchi?

«Le indagini della magistratura da un lato e la nostra attività di prevenzione dell’altro mettono in risalto sacche di contiguità e, per quanto riguarda in particolare il mio ufficio, tentativi di infiltrazione e condizionamento in vari settori economici: occorre utilizzare oculatamente gli strumenti che ci offre la legge per evitare che questa zona grigia rappresenti un punto di forza insinuandosi nei gangli più profondi della società. Tutto questo richiama anche la necessità di un grande impegno culturale da parte di tutti, istituzioni e società civile».

L’attività di prevenzione antimafia della prefettura, attraverso le interdittive cosa sta mettendo in risalto negli ultimi mesi?

«I procedimenti relativi alle informazioni antimafia rivelano che i tentativi di infiltrazione avvengono in vari settori, alcuni dei quali, per così dire, “classici”: attività commerciali, edilizia, gestione dei rifiuti. L’applicazione delle misure previste dal codice delle leggi antimafia è quindi importante nel quadro della complessiva azione dello Stato tesa a prevenire e contrastare i tentativi di riorganizzazione di Cosa Nostra. Si tratta di un’azione doverosa e necessaria per i cittadini e in particolare per il mondo delle imprese, la stragrande maggioranza delle quali è immune da condizionamenti o compromissioni e che sta a noi tutelare, assicurando che la loro attività si svolga in un ambiente immune dall’influenza mafiosa. Il contrasto alle organizzazioni mafiose è essenziale per lo sviluppo economico e sociale ed è importante che di questo via sia piena consapevolezza. La storia di questi decenni mi induce a credere che la società, così come il sistema economico, sapranno essere all’altezza della sfida».

La giornata del 2 giugno sarà scandita dalla premiazione di un concorso a cui hanno partecipato centinaia di studenti palermitani, un concorso organizzato dalla Prefettura con l’Ufficio scolastico regionale, l’Ordine dei giornalisti e l’Associazione della stampa. Si intitola “Libertà di stampa e cultura della legalità”. In cosa si sono cimentati gli studenti?

«Ho avuto modo in questi giorni di prendere visione dei lavori di questi ragazzi, che hanno raccontato di servitori dello Stato che hanno contribuito alla lotta alla mafia compiendo il loro dovere fino all’estremo sacrificio. Si tratta di un’iniziativa intesa anche ad accrescere la consapevolezza dell’importanza della libertà di stampa come valore fondante del sistema democratico, nonché come strumento di diffusione della cultura della legalità. Di questo sono drammatica testimonianza gli otto giornalisti uccisi in Sicilia perché raccontavano fenomeno mafioso in un’epoca in cui la subcultura mafiosa imponeva invece il silenzio e l’omertà».

di Salvo Palazzolo

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