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Centro di Accoglienza Padre Nostro - ETS
Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus

Non c'è dono più grande di questo: dare la vita per i propri fratelli

La storia di Padre Pino Puglisi raccontata dagli uomini che ne hanno raccolto l’eredità

data articolo 10/02/2013 autore Il Ponte categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo de Il Ponte
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“Vorrei conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi tenta di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile… parliamone, spieghiamoci e ricordate: chi usa la violenza non è un uomo, si degrada da solo al rango di animale”. Credo che questa frase sia molto esplicativa e possa racchiudere in poche semplici parole il significato e l'opera dell'esperienza di cui voglio parlarvi oggi. Molte realtà sono legate all'opera di una persona, ma come dico spesso, le brave persone creano qualcosa di bello, ma i grandi uomini creano qualcosa che possa sussistere anche quando loro non ci saranno più. Di certo Padre Pino Puglisi era un grande uomo oltre che un grande sacerdote; ed il Centro Padre Nostro una gran bella realtà per Brancaccio, la Sicilia, e l'Italia intera. La storia di 3P (Padre Pino Puglisi) oramai è nota alla maggior parte delle persone, ma per parlare del Centro Padre Nostro è fondamentale conoscerla; perciò vorrei iniziare con una breve testimonianza di chi ha condiviso per anni la sua esperienza. “Ho conosciuto 3P per caso, nel 1990 all’ età di 15 anni quando tornò a Brancaccio. Per lui si trattava di un ritorno a casa, infatti sin da quando, a ventitré anni, era stato ordinato sacerdote, fu mandato in tante località scomode, dove nessuno avrebbe voluto andare, come ad esempio Godrano, un paese in Provincia di Palermo teatro, negli anni settanta, di una feroce lotta tra due famiglie mafiose che lui, attraverso ,la sua opera di evangelizzazione, riuscì a riconciliare tra loro.” Dice Domenico de Lisi, assistente sociale e responsabile dei servizi sociali del Centro Padre Nostro. “Il suo arrivo a Brancaccio colpì tutti nel quartiere, noi ragazzi fummo affascinati da lui che cercava di dare un senso alle nostre esistenze domandandoci sempre con insistenza:“verso dove vogliamo che vada la nostra vita?”. Nessuno aveva mai saputo ascoltare per ore come faceva lui, senza mai dare “consigli da prete”. Cominciò la sua missione occupandosi di chi viveva ai margini della società. Ci diceva sempre: “se ognuno fa qualcosa, allora si può davvero cambiare Brancaccio”. Prosegue Domenico, ma come purtroppo sappiamo “la mafia non tollerava questo cambiamento e ben presto prese di mira 3P. Cominciarono i primi attentati a lui e al Centro Padre Nostro, ma tutto ciò non lo fermò, continuò la sua missione, anche quando si rese conto di avere i giorni contati.” Inevitabilmente Padre Pino aveva paura vedendo quello che gli accadeva attorno. Paura non tanto per se stesso ma anche per quelli che collaboravano con lui. “Negli ultimi mesi allontanava con ogni scusa le persone che gli si avvicinavano poiché temeva di coinvolgerle in qualche atto di ritorsione criminale. Tuttavia non era tipo da farsi intimorire. Ricordo bene quando, pochi mesi prima del suo assassinio, il 23 maggio 1993, a un anno dalla strage di Capaci, organizzò una marcia nel quartiere. Si mise alla testa del corteo tenendo per mano un cartello che racchiudeva tutto il suo pensiero: “Brancaccio dice sì alla vita e no alla mafia”. La marcia si concluse con la messa dove durante l’omelia Padre Puglisi si scagliò contro chi aveva organizzato gli attentati dicendo “Vorrei conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi tenta di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile … parliamone, spieghiamoci e ricordate: chi usa la violenza non è un uomo, si degrada da solo al rango di animale”. Continuò a testa alta la sua battaglia fino al 15 settembre 1993 giorno del suo assassinio.” La vita e soprattutto le opere di 3P non sono finite quel triste giorno di settembre, ma hanno continuato a dar frutto anche e soprattutto grazie all'impegno di chi lo ha conosciuto prima, e portato avanti i suoi progetti poi; lo si intuisce perfettamente dalle parole di Domenico, con cui conclude il suo racconto. “A distanza di 20 anni dalla sua morte sono stati celebrati due processi, quello penale che riconosce, senza ombra di dubbio, che Padre Puglisi fu vittima della mafia e quello ecclesiastico che vede in lui una persona degna di essere “beatificato”. Pur condividendo la sua Beatificazione a me piace ricordarlo come uomo, tra i tanti, che ha dedicato la sua vita ad un modo rinnovato d’essere e non un Santo lontano ed estraneo. Nel mio cuore porto sempre la sua provocazione: “E se ognuno fa qualcosa”. Spetta a tutti noi accettare tale provocazione e farla diventare programma e progetto.” Proprio da questo desiderio di “mettere in gioco tutti”, spingere tutti a fare qualcosa per migliorare la situazione degli altri, oltre che la propria, Padre Puglisi fondò il 16 luglio del 1991 il centro Padre Nostro, dove svolgeva la sua opera pastorale: nel quartiere di Brancaccio a Palermo, tristemente noto per essere una delle zone a più alta “densità” mafiosa. Ma oltre a questo desiderio, come venne in mente a 3P di creare quest'associazione (Il Centro) proprio a Brancaccio, con tutte le difficoltà che già stava riscontrando nel quartiere? “Il motivo per cui Padre Pino Puglisi fondò il Centro di Accoglienza Padre Nostro fu che un anziano fu trovato morto presso la sua abitazione fatiscente tre giorni dopo il decesso. Questo episodio lo fece riflettere: non poteva essere parroco in un quartiere dove accadevano cose del genere. Dopo un’indagine territoriale svolta da assistenti Sociali e psicologi, fece una mappatura dei bisogni e delle infrastrutture e scoprì il forte disagio che viveva la sua comunità. Volle fondare il Centro Padre Nostro fuori dai locali parrocchiali in quanto sperava che la gente si rivolgesse al Centro non per una appartenenza di fede ma per un fatto di umanità; poi avrebbe annunziato loro il Vangelo, ma solo dopo essersi preso cura di loro”. Mi risponde Maurizio Artale, attuale presidente del Centro. “Il nostro obiettivo è continuare l’opera di Padre Pino, coniugando la promozione umana all’evangelizzazione. Molti sono i risultati ottenuti, tanti ancora quelli da raggiungere. Ad esempio: abbiamo costruito il Centro Polivalente Sportivo (CPS); una Biblioteca; la scuola media intitolata proprio a Padre Puglisi; riattivato l’Auditorium “Giuseppe Di Matteo”; realizzato una struttura per accogliere mamme e bambini vittime di abusi e maltrattamenti; aperti due centri aggregativi per anziani; due centri per minori e adolescenti; assistiamo circa 250 famiglie nei loro bisogni primari; diamo la possibilità ad alcuni detenuti di scontare la loro pena residua presso il Centro”. E molto altro ancora; in modo particolare voglio sottolineare l'impegno verso i più piccoli, offrendo loro delle possibilità di giocare, divertirsi e studiare impedendo di fatto che la criminalità organizzata possa sfruttare il degrado per “arruolare nuove reclute”, aspetto questo molto caro a Don Pino. Che difficoltà incontrate ancora oggi nel portare avanti i vostri progetti rapportandovi con le istituzioni? “Un problema è la “cieca burocrazia” che finisce per penalizzare lo sviluppo economico e sociale della nostra terra. Pensate che per realizzare il Centro Polivalente Sportivo abbiamo impiegato ben 15 anni su un terreno di nostra proprietà ed ancora oggi attendiamo il certificato di Agibilità dell’impianto, finito di costruire due anni addietro; in teoria io non lo potrei usare ma di fatto lo faccio perché non possiamo lasciare i bambini fuori dal cancello per problemi burocratici.” Ma c'è sempre speranza, e l'esperienza di Padre Pino Puglisi e del centro Padre Nostro ce lo dimostrano. In dodici anni di esistenza le persone aiutate sono molte ed un cambiamento all'interno di Brancaccio, ma non solo è visibile per chi a Brancaccio ci ha vissuto e ci vive, perchè come dice bene Maurizio: “I cambiamenti culturali, di coscienza di atteggiamento, non si scorgono passando con l’auto per le vie di Brancaccio.” Ed allora cosa possiamo aspettarci per il futuro della Sicilia e dell'Italia intera? “Purtroppo il futuro è incerto e difficile. Speriamo che la nuova classe politica riesca ad anteporre gli interessi della casta agli interessi collettivi. uscendo dagli schemi superati dell’appartenenza ideologica. Bisogna iniziare dalle scuole e dai bambini affinchè cominci a sbocciare in loro la sete e fame non solo di legalità ma di “Giustizia”. Sono stato a Brancaccio ed ho visitato il centro Padre Nostro alcuni anni fa ed ho potuto vedere di persona la passione ed il desiderio di “fare ognuno qualcosa” con cui Maurizio, Domenico e tutte le persone che collaborano con loro portano avanti gli ideali di Padre Puglisi; facendo si che la sua opera non morisse quel 15 settembre. Non sto certo parlando di Santi o eroi ma, come diceva Domenico, “di uomini che vogliono dedicare la loro vita ad un modo rinnovato di essere”. Questa è l'altrItalia, quell'Italia piena di difficoltà, che lascia solo e permette che uccidano un suo figlio. Ma la stessa Italia capace di rialzare la testa, di ripartire proprio dagli insegnamenti di quel figlio perduto e dare speranza e futuro a tante persone. E ringrazia. Non posso che ringraziare tutte le persone che operano nel centro Padre Nostro, in modo particolare Domenico de Lisi e Maurizio Artale per la disponibilità a condividere con me un po’ della loro esperienza e dei loro ricordi. A tutti loro auguro un buon cammino. Ma soprattutto un ricordo ed una preghiera per Padre Pino Puglisi. Grazie di tutto. Maichol Schinello

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COMMENTI ALL'ARTICOLO
commento 08/04/2013 23:47:29 | Maichol Schinello
Ringrazio profondamento Maurizio Artale e tutto il Centro Padre Nostro, per la bella esperienza vissuta alcuni anni fa li a Brancaccio, ed anche per aver ri-pubblicato qui sul loro sito il mio ""articolo" sebbene non sia un "professionista della penna".
Buon Cammino
Schinello Maichol