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Verso la visita del Papa a Palermo. L'intervento

Nell'Isola anche la Chiesa soffre di «sicilitudine»

data articolo 24/09/2010 autore La Sicilia categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo de La Sicilia
Articolo de La Sicilia
Il Papa sarà a Palermo il prossimo 3 ottobre. Il motivo della sua visita, se si da per buono ciò che filtra dagli ambienti curiali della diocesi di Palermo, in cui fervono in questi giorni ì preparativi, sarebbe il convegno su giovani e famiglia che si terrà proprio alla vigilia dell'arrivo di Benedetto XVI: egli verrebbe, cioè, per concludere quel momento di riflessione comunitaria su due realtà importantissime, come appunto i giovani e la famiglia. Tuttavia sembra improbabile che il Papa davvero venga nell'Isola per partecipare a un convegno che, nel suo programma ufficiale, si annuncia come un semplice momento di indifferenziata aggregazione, più che come un vero momento di analisi e di studio, i cui titoli -mellifluamente poetici -sono del resto appena abbozzati in termini molto generali e addirittura generici e non danno neppure l'impressione di recepire né di tematizzare in alcuna direzione (pastorale, o ecclesiologici o almeno sociologica) ciò che pure i vescovi italiani hanno recentemente scritto su famiglia e giovani nella loro nota pastorale sul confronto tra la Chiesa e i problemi del Mezzogiorno ("Per un Paese solidale") e ciò che a tal proposito si può leggere anche nel documento preparatorio delle prossime Settimane Sociali che si terranno a metà ottobre a Reggio Calabria, appena al di là dello Stretto di Messina. Al contrario, l'impressione che può farsi l'osservatore esterno è che il convegno palermitano sia stato pensato, semmai, per conferire una qualche forma - la più omnicomprensiva possibile -all'accoglienza da dare a Benedetto XVI. Al tenore e al taglio generici del convegno che comunque, farà da scenario alla visita del Papa, si aggiunge la sordina che è stata messa in alcune diocesi siciliane a suo riguardo: non si è quasi parlato, nei media diocesani, di questo evento e in moltissime parrocchie dell'Isola è stato difficilissimo ricevere notizie attendibili e chiare su come esso si svolgerà. Colpisce, soprattutto, che quasi nessuno -oltre i confini della diocesi palermitana -abbia nei mesi scorsi spiegato e comunicato pubblicamente il senso e il significato ecclesiali dell'arrivo del Papa a Palermo e, quindi, in Sicilia: fatto, questo, che non ha certamente favorito la preparazione spirituale dei siciliani che pur affluiranno numerosi all'incontro con Benedetto XVI. Tutto ciò fa e deve far pensare. Innanzitutto alla qualità dei rapporti tra le numerose diocesi siciliane (ben diciotto); e, più a monte, tra i pastori che le guidano. La visita di un Papa, la prima di Benedetto XVI in Sicilia, è un evento da intendere e vivere coralmente, occasione opportuna per rappresentare - con serietà e lucidità -agli occhi del Pontefice le preoccupazioni e le speranze di un intero popolo, accomunato in tutta l'Isola dalle stesse positive caratteristiche - come ha notato mons. Crociata in un'intervista rilasciata a un quotidiano nell'agosto scorso -ma anche da debolezze e da limiti ormai sempre più difficili da sopportare e superare. Ed occasione buona anche per parlare all'Italia intera, per dar voce - con parole e, di più, con mentalità e stile credenti - al disagio della gente di Sicilia e alla sua richiesta di aiuto rivolta al resto del Paese. Forse per questi motivi sembra che Palermo e la Sicilia si preparino alla visita del Papa sono una cappa d'isolatezzà, SÌ potrebbe parlare, riflettendo in tale prospettiva, di una variante tipicamente ecclesiale (anzi ecclesiastica) della cosiddetta "sicilitudine": il sentimento angusto dell'autosufficienza e dell'autoreferenzialità, che nel post-concilio a dispetto di ciò che a rara intermittenza s'è pur verificato, con eventi come il Convegno delle Chiese d'Italia a Palermo nel 1995 -ha isolato ciascuna diocesi siciliana in se stessa e ha fatto di esse, nel loro insie­me, un banco di scogli al largo del Mediterraneo, in cui è venuto a mancare persino quell'innesto di altro "sangue" ecclesiale dall'esterno che nella prima metà del Novecento era garantito dai vescovi talvolta mandati qui dal "continente". Si deve sperare che la qualità simbolica della visita papale si imponga, alla fine, da se stessa e risvegli nei cattolici siciliani e nelle loro guide pastorali la consapevolezza della necessità di oltrepassare la loro autoreferenzialità. Massimo Naro

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