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Centro di Accoglienza Padre Nostro - ETS
Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus

Il quartiere Zen, eterna emergenza di Palermo «Puntiamo sempre sul tessuto sano»

Palermo

data articolo 26/02/2009 autore La Stampa categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo de La Stampa
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Supermarket della manovalanza criminale a basso costo. Ecco cosa sono alcune delle periferie palermitane, le più estreme: Falsomiele, Brancaccio e lo Zen. Parola di Maurizio Artale, direttore del centro do accoglienza «Padre Nostro», che ha creato tre strutture attraverso le quali tenta di tenere alto il vessillo della legalità. Lo fa sulle orme del fondatore del centro, padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia 16 anni fa. Lei che vive ogni giorno, come vede le periferie a Palermo? «Quartieri dormitorio, dove i servizi sono quasi inesistenti e mancano concrete alternative alla strada. Qui, la percentuale di disoccupazione arriva al 33 per cento e la strada significa criminalità. La povertà e la debolezza culturale danno, infatti, la possibilità di comprare manodopera criminale a basso costo. Intere famiglie si dedicano ad attività illecite: è più facile, in mancanza di alternative economiche e culturali valide, mandare i figli a spacciare piuttosto che mandarli a scuola». Durante un blitz di qualche mese fa a Falsomiele sono finiti in cella genitori, figli e nipoti minorenni accusati di spaccio… «Non a caso questo quartiere è conosciuto come “supermarket della droga”. La pace dopo gli arresti dura una settimana, poi arrivano altri spacciatori e non cambia nulla. Qui fanno la fila per lavorare per le “famiglie”: i tempi della mafia non sono quelli della burocrazia! I rimpiazzi, per le attività criminali, sono veloci. Per ripulire dal crimine i magazzini di via Azzolino Hazon a brancaccio, ci sono voluti 16 anni e la morte di un sacerdote». I volontari del centro Padre Nostro cosa fanno? «A Brancaccio abbiamo fatto un accordo con i presidi delle scuole del territorio: ci segnalano i ragazzini che vengono espulsi per problemi comportamentali, noi li rintracciamo, li facciamo studiare e li prepariamo per gli esami di terza media. Ogni anno riusciamo a fare ottenere la licenza media dai 12 ai 15 ragazzini. Cerchiamo di offrire gli strumenti per un riscatto sociale. Come recita un detto: insegniamo loro a pescare invece di dargli il pesce! Anche se spesso dobbiamo intervenire anche con aiuti concreti, beni di prima necessità, pane, pasta, alimenti per bambini. Allo Zen abbiamo un centro legale dove avvocati volontari offrono assistenza alle vittime di abusi in famiglia ma aiutano anche tante persone denunciate per furto di energia elettrica o di acqua perché qui è la prassi e molti restano impigliati nella rete dell’illegalità anche per ingnoranza». Per ripulirne la reputazione lo Zen (Zona Espansione Nord) è stato ribattezzato «San Filippo Neri». E’ servito cambiare nome? «Non serve cambiare il nome per cambiare le cose». Sembra una situazione senza speranza… «La speranza sono le tante persone oneste che abitano questi posti, il tessuto sano che resta c’è ma stenta ad emergere per la paura di opporsi agli altri». Monica Ceravolo

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