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Padre Puglisi, il ricordo in Cattedrale Romeo: uomo di Chiesa vicino ai poveri

QUINDICI ANNI DOPO. L’arcivescovo di Palermo alla messa per il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia. Il presidente del Senato: vale la testimonianza, la sua vita e il suo martirio sono una vittoria

data articolo 16/09/2008 autore Giornale di Sicilia categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo del Giornale di Sicilia
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PALERMO. (altu) Esempio di obbedienza e dedizione completa agli altri, senza tirarsi mai indietro. Don Pino Puglisi, anche se non ancora sugli altari, è già un martire della Chiesa palermitana, che servì fino alla fine. Lo testimoniano i suoi amici «ex giovani», oggi con qualche filo grigio in più tra i capelli, tutti coloro che ebbero la fortuna di incontrarlo e percorrere con lui un pezzo di strada a Settecannoli, a Valdesi, a Godrano, a Brancaccio, a scuola, dovunque la sua missione lo avesse condotto. Per questo si sono radunati ieri nella cattedrale di Palermo, mischiandosi con autorità civile e militare, qualcuno accompagnato da quei figli che don Pino battezzò prima di essere ucciso da un killer di Cosa nostra la sera del suo 56° compleanno, nel 1993. Quindici anni attenuano l’emozione ma non cancellano il ricordo. E ci pensa l’arcivescovo di Palermo. Paolo Romeo, a risvegliare la memoria, cogliendo nella figura di don Puglisi l’aspetto più normale e certamente più vero, quello di «presbitero innamorato del sacerdozio», che sapeva parlare a chiunque, soprattutto ai giovani, sapeva toccare le corde giuste per convertire le loro vite. «Era un esempio di obbedienza filiale, che non si è tirato mai indietro quando il pastore diocesano gli ha chiesto di lasciare ciò che aveva cominciato» sottolinea monsignor Rome, quasi a voler contrapporre il suo comportamento a quello di tanti che contestano trasferimenti e decisioni prese dal vescovo. Era un esempio di mitezza «Non fece nessuna opposizione a chi volle eliminare la luce della sua testimonianza evangelica nel territorio di Brancaccio», fu «autentico testimone della Chiesa che è vicina ai suoi figli, soprattutto i più disagiati, colpiti da vecchie e nuove povertà». Una missione, la sua, in cui spesso sperimentò la solitudine e l’isolamento, ma che svolse in ogni territorio in cui fu chiamato. «Gli si fa torto quando lo si definisce antimafia – aggiunge Romeo -. Egli era dispensatore della parola e dell’amore di Dio». E in sua memoria, chiede alla diocesi di fare un salto di qualità: «La nostra Chiesa esige un rinnovamento della pastorale giovanile e vocazionale vivificata dall’annuncio missionario. Tra i presenti anche molte autorità civili e militari. Il presidente del Senato Renato Schifani, ricorda che «con un colpo di pistola alla nuca don Pino la battaglia contro la mafia apparentemente la perdette». Ma solo apparentemente, perché se per questa battaglia vale soprattutto la testimonianza, allora la sua vita e il suo martirio sono una vittoria. Purché a una testimonianza segue un’altra e un’altra ancora». Il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, cita il motto più famoso del parroco di Brancaccio, «e se ognuno fa qualcosa». E ricorda l’impegno dell’amministrazione comunale che in questi anni ha portato avanti uno dei progetti a cui padre Puglisi teneva di più: il recupero dei magazzini di via Azolino Hazon, simbolo dell’illegalità, che dovrebbero essere ristrutturati entro l’anno. «E’ importante sottolineare – aggiunge il presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti – la forza di non rassegnarsi alla subdola presenza della mafia e del suo modo di pensare, la certezza di poterla sconfiggere facendo il proprio dovere». E il presidente del consiglio comunale, Alberto Campagna; invita i giovani a prendere come esempio i suoi insegnamenti, «perché le parole, come don Pino diceva sempre, sono più forti di qualsiasi forma di violenza e di sopraffazione». Alessandra Turrisi

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