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Centro di Accoglienza Padre Nostro - ETS
Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus

La mafia proprio lì non può passare

data articolo 10/07/2007 autore Giornale di Sicilia categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo del Giornale di Sicilia
Articolo del Giornale di Sicilia
STORKXMUNTK non è questa la prima volta che i vertici di «Cosa Nostra» finiscono in galera, Insieme a un buon numero dei loro accoliti. Si pensi alla durissima repressione che, durante il regimi'fascista (e con metodi che solo un regime totalitario poteva permettersi...), fu operata dai prefetto Mori, con l'illusione di chiudere per sempre, in questo modo, la partita con la criminalità organizzata. Alla prova dei fatti, fu la mafia che, collaborando coti gli alleati prima, durante e dopo lo sbarco in Sicilia del '43, non solo dimostrò di essere ancora viva e vegeta, ma sopravvisse al fascismo e continuò la sua azione nefasta nell'Isola. Un'esperienza che dimostra come «Cosa Nostra» sia capacissima - ieri come oggi - di resistere alle misure repressive adottando un basso profilo e mimetizzandosi negli anfratti di una società che, in molti suoi strati, le è sostanzialmente omogenea per categorie mentali e per stili di comportamento, anche se non accede alle forme più estreme ed evidenti di illegalità. In questi anfratti l'«onorata società» continua a trovare spazi sufficienti, anche se deve temporaneamente rinunziare ad azioni più eclatanti. Il motto è lo stesso di allora: «Calati juncu, ca'passa la china», «piegati, giunco, e lascia passare la furia delle acque», in attesa di tempi migliori. E comunque non si tratta di spazi così stretti, se è vero, come risulta da una ricerca su «I costì dell'illegalità», coordinata da! prof. Antonio La Spina per conto della fondazione Chi unici, che il pizzo, solo nel capoluogo siciliano, frutta a «Cosa Nostra» un guadagno complessivo che può essere calcolato in i 75 milioni di euro l'anno. Pagano tutti, ognuno secondo le sue possibilità. Si va dai 60 euro mensili dei venditori ambulanti agli 800 delle aziende più grosse ai 17.000 per lavori autostradali. Nessuno evade. La criminalità organizzala riesce a ottenere quello che il nostro Stato, dopo tanti proclami reiterati sotto i più diversi governi, none ancora mai riuscito a realizzare. Non c'è da stupirsi, in questo contesto, delle minacce e degli sfregi nei confronti dei responsabili del Centro «Padre Nostro». Di fronte alla loro arroganza, appare più che opportuna la tempestività con cui è stato convocato un vertice in prefettura, per discutere sulle misure di sicurezza da adottare. E giusta appare anche la richiesta di solidarietà da parte di quanti, impegnati nella gestione del Centro, temono ora l'isolamento. Di fronte alla mafia, lo sappiamo per triste esperienza, è pericoloso restare soli. Per questo è indispensabile che tutte le forze vive della società siano vigilanti riguardo a questa vicenda. La posta in gioco è altissima. Il Centro «Padre Nostro» non è solo una benemerita istituzione socio-culturale, il cui servizio risponde a bisogni di ogni genere. Esso è anche molto di più: rappresenta un simbolo. Simbolo della volontà di un quartiere come Brancaccio, che non vuoi restare per sempre soggetto alla prepotenza mafiosa; simbolo dell'alleanza tra la società civile e la Chiesa, che vede in padre Puglisi una testimonianza autenticamente civile perché autenticamente sacerdotale; simbolo dell'impegno delle autorità per riprendere il controllo del territorio, strappandolo al potere di «Cosa Nostra» e instaurando il regno della legalità. Per questo non si ha il diritto di rimanere indifferenti di fronte agli ultimi fatti. Bisogna tuttavia che l'attenzione non si punti esclusivamente sulle misure di sicurezza. Per quanto necessari e ed urgenti, esse non possono sostituire quel lavoro a più lunga scadenza che è la bonifica morale e. culturale dell'ambiente da cui la mafia trae la sua linfa vitale. E qui il discorso si fa più ampio e più impegnativo, perché, su questo piano, «a rischio» non sono solo le borgate di periferia, ma anche i cosiddetti quartieri «bene» della nostra città. Si frana dì smantellare una cu I tura diffusa, degli stili di vita consolidati, delle reti invisibili di relazioni, entro cui sono immersi non solo i membri di «Cosa Nostra», ma anche imprenditori, professionisti, impiegati, funzionali. Solo se il brodo di coltura di cui si nutre verrà prosciugato, la mafia potrà essere veramente sconfitta. È questo obiettivo che non bisogna perdere di vista. Hai suo raggiungi mento ognuno, nell'ambito che gli compete, può dare il proprio contributo, anche modesto. Se non altro per dimostrare, a noi stessi innanzi tutto, che la Sicilia non è irredimibile. Giuseppe Savagnone

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