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Il modello “don Puglisi” tradito nel suo quartiere

data articolo 24/09/2006 autore La Repubblica categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo de La Repubblica
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A pochi giorni dall’anniversario della morte di padre Puglisi, sono ancora in corso le manifestazioni in sua memoria. Oggi si terrà a Brancaccio la marcia “Testimoni credibili per la pace nel mondo”. Frase ricca di significati. Perché il punto è proprio questo, essere testimoni credibili. Magari non solo per la pace nel mondo, ma anche nella lotta al potere mafioso in un quartiere come Brancaccio. Padre Puglisi testimone lo è stato senza alcun dubbio. Per capirlo basta sfogliare alcune pagine della sua vita a Brancaccio. Si devono realizzare lavori di ristrutturazione della chiesa?Padre Pino non va a bussare nella porta del potente, non si presta a chiedere beneficenze che poi sono pagate a caro prezzo. Semplicemente attende che una gara pubblica giunga al suo esito e sostiene poi l’impresa per aiutarla a sottrarsi all’angheria del pizzo chiesto dalla cosca locale. Si deve aprire il centro Padre nostro?Padre Pino e la sua comunità parrocchiale non vanno a questuare finanziamenti pubblici per coprire il costo proibitivo di 290 milioni di lire. Non corrono a cercarsi un protettore per far scendere un prezzo che era improvvisamente e curiosamente lievitato nel giro di pochi mesi. Utilizzano i 30 milioni donati dalla Curia palermitana per stipulare il compromesso, e si affidano a una lotteria parrocchiale (pagando le tasse) e al versamento mensile del magro stipendio di professore di religione che Puglisi mette a disposizione. C’è da chiedere qualcosa per il quartiere? Padre Pino non alza il telefono per raccomandarsi a qualche santo, incoraggia il comitato intercondominiale che chiedono diritti e non favori. C’è da realizzare la scuola media? Va al Comune per chiedere che alcuni locali allora in mano alla criminalità, ancora oggi non recuperati, siano destinati ad aule. Al di là di tante chiacchere, se vogliamo rida hrefa all’osso, è in questi comportamenti concreti il senso della testimonianza che Puglisi consegna a tutti. Tutto ciò ha armato la mano mafiosa, non gli agganci politici o le entrate del parroco all’interno delle stanze del potere o in qualche anticamera o sgabuzzino istituzionale. Ci rendiamo conto che non è un facile percorso e non si può pretendere che tutti lo seguano. Tuttavia fa specie che – com’è avvenuto nei giorni scorsi – un dirigente del Padre nostro dichiari in pubblico dibattimento di aver chiesto al presidente Cuffaro di interessarsi per realizzare un campo di calcio in un terreno del centro. Riferiscono le cronache che dopo qualche giorno si presentarono gli operai dell’imprenditore bagherese Michele Aiello per eseguire gratis i lavori. Certo un campo di calcio è una struttura che serve in qualsiasi quartiere periferico di questa città. Ma vogliamo chiederci perché Puglisi segue altre vie non così sbrigative e informali per tentare di raggiungere i propri scopi? Se era tutto così semplice perché don Pino sceglieva per sé e la sua comunità tragitti più lunghi e non facili scorciatoie? Sbagliava? Crediamo di no. Semplicemente aveva consapevolezza di quale sia in Sicilia l’unico modo trasparente ed etico di rapportarsi alla politica, ai partiti, alle istituzioni e a coloro che li rappresentano.

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