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Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
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A dieci anni dall'omicidio di Brancaccio ritrovata la registrazione di una recita dell'Azione cattolica presentata dal sacerdote

L'ultimo appello di padre Puglisi In un video inedito le richieste per salvare il quartiere dal degrado

data articolo 13/09/2003 autore La Repubblica categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo de La Repubblica
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Per dieci anni il video è rimasto in un cassetto: ritrae padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia, che presenta una recita dei suoi ragazzi. Era il Natale 91. Quella videocassetta, ritrovata da Repubblica, rappresenta il testamento civile del parroco di Brancaccio: nelle sue parole, la denuncia per i servizi che mancano nelquartiere. "Parole di grande attualità", dicono al Centro Padre Nostro. Salvo Palazzolo L'OUTSIDER Sono passati dieci anni dalla tragica sera del 15 settembre 1993 in cui, nel territorio della sua parrocchia, dai suoi parrocchiani, venne abbattuto padre Giuseppe Puglisi mentre rincasava al termine di una normale giornata di fatiche pastorali. Il suo volto, segnato dalla mitezza e dalla fermezza, è rimasto nel cuore di tutti, non solo a motivo della pietà suscitata dalla morte ma anche della stima di cui era circondato.

Nino Fasullo

L'intervento

L'infelice paese dei martiri Questa non è una commemorazione. Questa non è una memoria sottobanco del processo. Questo è un articolo arrabbiato. Solo arrabbiandosi si può ricordare padre Pino Puglisi e la sua morte. Solo arrabbiandosi si può discutere di quel corpo di pistola annunciato e dell'imbarazzata ipocrisia che ruota, come una funerea giostra, attorno alla sua morte. Eccovi lo scenario, siate i giudici. Un martire, una chiesa affranta e colpita nel suo amore per il figlio prediletto, un quartiere che si ribella ai suoi padroni, uno Stato che invia le sue milizie a occupare un territorio fino ad allora abbandonato. La colonna sonora del copione prevede le solite musiche dell'antimafia: parole lacrimose, sdegno, esecrazione, lutto, esaltazione della Giustizia, invito alla conversione degli assassini. Fasce tricolori coprono petti per ricordare che questo è un delitto che colpisce l'Italia al suo cuore; il cuore buono degli italiani. Intanto l'Italia, da nord a sud, viene travolta dalle bombe e si uccidono anche i bambini.

Lorenzo Matassa

"Aiutatemi a salvare Brancaccio" Il testamento di padre Puglisi in un video inedito Speriamo che davvero il nostro quartiere possa avere, come molti altri quartieri, quei servizi che sarebbero necessari per un vivere civile. Speriamo. E' padre Pino Puglisi, il parroco ucciso dalla mafia, che parla: La sua immagine è nitida sullo schermo, si distingue il sorriso di sempre, le parole sono pesanti come macigni: "Brancaccio – dice -è l'unico quartiere che non ha ancora alcuni servizi essenziali. Lo abbiamo detto l'altro giorno al rappresentante del prefetto". Era la vigilia di Natale del 1991, il fotografo della parrocchia riprendeva con una telecamera la recita dei ragazzini dell'Azione cattolica: quel discorso del parroco fu un fuori programma. Finì comunque nel video. Oggi quella videocassetta può essere considerata il testamento civile del sacerdote di Brancaccio: per dieci anni è rimasta chiusa in un cassetto, in pochi se ne ricordavano, nessuno ha mai analizzato quelle parole. Adesso, grazie ad uno dei collaboratori di padre Puglisi, Salvo Machì, "Repubblica" è tornata a ripercorrere l'appello del sacerdote, che può essere ascoltato dalla sua viva voce sul sito Internet del giornale. "Qualche giorno fa ero in un altro quartiere -dice Pugliesi -nella piazza c'erano la scuola elementare, la scuola media, la scuola materna, l'asilo nido, il consultorio familiare, il centro sociale, la guardia medica. Parlo di Boccadifalco. Così, per caso, mi sono trovato a parlare con qualcuno di là e dicevano che c'erano tutte queste cose. Noi abbiamo purtroppo ancora soltanto la scuola materna e la scuola elementare. Non abbiamo neppure una scuola media, che è presente in tutti i quartieri della città. E l'unico quartiere che non ha ancora la scuola media". "Poi la scuola è stata realizzata a Brancaccio -ricorda Salvo Machì, che in questi anni ha conservato gelosamente la videocassetta – ma solo nel 2000, padre Puglisi era già morto da 7 anni. Tutti gli altri servizi mancano ancora nel quartiere". Quella sera del'91, dopo il suo appello-denuncia, Puglisi cambiò tono. "Oggi su questo palcoscenico ci sono dei bambini che sono degli attori improvvisati: non lo fanno per avere applausi. Hanno fatto a ottobre la prima comunione: forti di questa esperienza di vita spirituale, adesso vogliono annunciare agli altri la loro fede, in un modo direi plastico, visibile". Il sacerdote fece una pausa, il video prosegue: "La testimonianza di questi bambini di Brancaccio è gioiosa, non certo in una forma pesante, come quando faccio le prediche io". Questo era Pino Puglisi: dall'aria mite, ironico, pungente. "Quel giorno le parole del parroco sembravano dei colpi vibranti -ricorda Machì -nessuno si aspettava che venissero pronunciate, perché nessuno a Brancaccio aveva mai rivendicato i propri diritti. Il parroco sembrava allora un don chisciotte davanti ai rappresentanti delle istituzioni che assistevano alla recita, un don chisciotte che appassionava la gente del quartiere. Le sue parole erano come al solito pronunciate con un tono dolce, ma erano delle randellate". "Un giorno-dice ancora Machì -gli chiese padre, ma come fa lei ad essere sempre così calmo con tutto ciò che accade attorno? Mi rispose: ma io non sono affatto calmo, ho imparato a essere calmo. Padre Puglisi era un uomo vulcanico anche irruente ma aveva imparato una rigida autodisciplina, che era la sua grande forza comunicativa, con tutti, anche con le istituzioni più sorde. Oggi mi viene da sorridere quando qualcuno insiste a dipingere Puglisi come un mite a tutti i costi, quasi un ingenuo: il suo essere cristiano e sacerdote era una cosa sola con l'impegno civile". Di quella battaglia per Brancaccio furono protagonisti padre Puglisi ma anche tanti cittadini riuniti nel comitato intercondominiale di via Hazon. Le commemorazioni non devono far dimenticare la solitudine di quegli uomini", dice Pino Martinez: "Chiedevamo i servizi più elementari per un quartiere, fummo isolati dalle istituzioni, dalla Chiesa ma anche dal mondo della cultura. Nessuno comprese la valenza di quelle denuncie , il valore di Brancaccio per l'intera città. Solo la mafia l'aveva capito". Dieci anni dopo la Chiesa si appresta a portare Puglisi sull'altare della santità. Qualcuno, fra i collaboratori del parroco, ha più di una riserva: "che don pino sia un santo non ci sono dubbi­dice Martinez-ma la gerarchia ecclesiale ha avuto troppo fretta di avviare il processo di beatificazione. Forse c'era da dimenticare presto l'impegno civile di un prete che troppo spesso è stato scomodo alla politica? Tutti commemorano sempre il sacerdote, nessuno ricorda mai la battaglia di quel sacerdote e dei suoi concittadini per la liberazione di un quartiere dalla mafia. Per questo ha paura che la santità di Puglisi voluta dalla Chiesa sia il miglior modo per allontanarlo definitivamente da Brancaccio, e portarlo in cielo, fra i modelli irraggiungibili". Salvo Machì ha un ultimo ricordo di quei giorni del Natale'91: parlavamo con padre Pino della politica e dell'impegno dei cristiani. La politica lo aveva deluso. "E' sorda", diceva: è com'è difficile essere democristiani". Ma don Pino Puglisi non si trincerò mai dietro la torre d'avorio del disimpegno".

Salvo Palazzalo

Lo spettacolo Da stasera al 17 settembre allo Spasimo la pièce di Cavalloro

Va in scena il sogno della terra bellissima La voce femminile che si leva per esprimere il suo sdegno è quella di una mater memoria coraggiosa, che conosce un passato di morte eppure sceglie di andare avanti, con uno sguardo di speranza e parole di conforto. Nel decimo anniversario dell'uccisione di Padre Pino Puglisi il teatro guarda alla cronaca per parlare con la gente e riannodare i fili di una memoria che a volte rischia di cadere nell'oblio. Così da questa sera e fino al 17 settembre alle 21 lo Spasimo ospita nell'ambito del Teatrodelsole Festival la pièce " questa terra diventerà bellissima", scritta dal giornalista Felice Cavallaro e prodotto dal Teatro Stabile di Catania con la regia di Giovanni Anfuso. Tra gli attori in scena Carla Cassola, Germana Asmundo, Debora Bernardi, Enzo Campailla, Elisabetta Carta. Nata dal libro " oltre il buio" scritto da Felice Cavallaro nel 2002 per il decennale delle stragi mafiose, l'opera è incentrata essenzialmente su alcune figure femminili, depositarie di valori profondi e di fermezza d'animo. "Erano gli anni in cui la speranza di riscatto era zero-racconta Cavallaro -e giudici come Caponneto esclamavano " è finita". Tutti intorno si era avvolti da un clima incandescente e intriso di sgomento. Ma nel racconto teatrale ho voluto mettere in luce la speranza che ha animato chi ha deciso, malgrado tutto, di rimanere in Sicilia". Lo stesso titolo della pièce costringe a guardare indietro con dolore: era questa, infatti, la frase detta da Paolo Borsellino nel 1992 poco prima della strage di Via D'Amelio, a Rosaria, vedova di Vito Schifani, uno degli agenti caduti a Capaci nell'attentato a Giovanni Falcone. E' chi affianco del proprio marito, chi con la pistola in pugno per difendere un magistrato, sono tante le donne morte per credere in qualcosa o in qualcuno. Per Cavallaro -che qui abbandona il ruolo di cronista concedendosi un maggior coinvolgimento e motivo nella narrazione di quegli anni terribili -non potevano essere che loro a indicare una strada diversa ancora percorribile, malgrado tutto e tutti. Dice il giornalista: " Ho cercato di raccontare una tragedia moderna epica, da dedicare in particolar modo ai giovani. Occorre un lavoro di sensibilizzazione specie attraverso le scuole, per formare individui che sappiano affrontare il futuro senza dimenticare il passato". Proprio per questo motivo lo spettacolo sarà replicato in alcune scuole della città. Figura centrale del racconto teatrale è Carla Cassola, che interpreta la figura emblematica di una donna ferita e al contempo decisa a proseguire il suo cammino, una madre ansiosa di trasmettere le sue verità a chi avrà ancora la forza di resistere a battaglie che sembrano senza speranza. Sul palco l'ultima scena mostra i protagonisti con gli impermeabili e la valigia in mano, pronti a partire, che alla fine scelgono di rimanere. " Questa per me è la scena più siginificativa"- spiega Cavallaro- mostra una scelta che molti siciliani hanno fatto in quei momenti difficili, con grande coraggio". E se coraggio vuol dire a volte semplicemente rimanere e non fuggire scrollandosi il giogo di una migrazione che avrebbe sostituito la paura alla ricerca di miglior fortuna, cosa è cambiato in realtà in questi anni difficili? " Credo che ci sia una maggiore consapevolezza della negatività del fenomeno mafioso. Ma ancora c'è tanto da fare".

Paola Nicita

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