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Centro di Accoglienza Padre Nostro - ETS
Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus

Incontro con Maurizio Artale

Diario estemporaneo. Appunti di una signora poco diplomatica

data articolo 24/03/2006 autore Il Cannocchiale categoria articolo ARTICOLI
 
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Il Cannocchiale - diario estemporaneo
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Forse non tutti sanno che Maurizio Artale è il responsabile del centro di accoglienza “Padre Nostro”, creato nel quartiere Brancaccio di Palermo da don Pino Puglisi, il prete barbaramente ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993. Vorrei parlare di Maurizio, perché mi sembra che la sua figura rappresenti una compiuta sintesi della Giornata della memoria e dell’impegno: con la sua operosità, infatti, Maurizio Artale mantiene viva la memoria di don Puglisi, coniugandola all’impegno del lavoro quotidiano all’interno di una realtà difficile, fortemente degradata e pericolosa. Maurizio Artale parla poco di sé, ma si sofferma a lungo su Don Puglisi, ne racconta la vita, le lotte, la solitudine. Don Puglisi è nato nella borgata palermitana di Brancaccio – racconta Maurizio – perciò conosceva molto bene il linguaggio ed i codici della mafia. Con le sue omelie, Don Puglisi parlava ai mafiosi ed ai parenti dei mafiosi, rapportandosi in maniera diretta e decisa, mosso dalla volontà di cambiare il “suo” territorio, di interrompere il circolo vizioso che conduce alla mafia. Appena ordinato sacerdote, don Puglisi comincia a seguire con attenzione i giovani e si interessa alle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città. Non aspetta i fedeli in chiesa, ma va da loro. Incontra la gente nelle bettole, nelle strade, nelle manifestazioni di protesta. Sono gli anni Settanta e viene subito etichettato come “prete comunista”. L’etichetta di “prete antimafia” gli sarà apposta successivamente. In quel contesto, spiega Maurizio, apporre un’etichetta significa indicare qualcuno alla mafia. L’etichetta indica che quella persona è rimasta sola. Nel 1990 Don Puglisi viene nominato parroco della Parrocchia S. Gaetano di Brancaccio, un quartiere degradato, nella parte Meridionale della città di Palermo, nel territorio della Seconda Circoscrizione, in cui la gente è abbandonata a se stessa e le vittime destinate ad ingrossare le fila della manovalanza mafiosa sono i minori. La sua attenzione si rivolge al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, animato dalla volontà di riaffermare nel quartiere la cultura della legalità. Pronto a dialogare coi mafiosi, non ne accetta le regole e lo dimostra destinando a chi sta male i soldi raccolti per la festa di San Gaetano. Questa festa, chiarisce Maurizio Artale, aveva rappresentato sino a quel momento una legittimazione della mafia. Don Puglisi sfida la mafia, non per arroganza, ma per una semplice affermazione dei principi della legalità; perciò non scende a compromessi e respinge i soldi che gli vengono offerti per la ristrutturazione del centro di accoglienza. Il racconto di Maurizio conferma la drammatica aderenza alla realtà del film “Alla luce del sole” di Roberto Faenza, ne evidenzia l’angosciante verità. Anche il racconto delle battaglie condotte dal prete per indurre l’amministrazione comunale a costruire una scuola media nel quartiere, richiamano alla mente alcune scene del film. La scuola è stata poi costruita, dice Maurizio, sette anni dopo l’assassinio di Don Puglisi. Sorride tristemente e aggiunge: “E’ venuto il Presidente della Repubblica ad inaugurarla, quasi fosse stata realizzata una grandissima opera… Per Don Puglisi era semplicemente assurdo che in quel quartiere, negli anni Novanta, non ci fosse ancora una scuola”. Grazie Maurizio per averci ricordato Don Puglisi e per averci aiutato a riflettere con la tua semplicità ed il tuo coraggio. Non ti ho chiesto il permesso, ma voglio riportare queste tue parole perché mi sembrano estremamente importanti, profonde, struggenti: “Sono Siciliano io. Sono nato e cresciuto nel quartiere di Falsomiele. Se mi minacciano? Mi faccio due conti: potrei morire in un incidente aereo… potrei morire per una caduta, scivolando per terra e sbattendo la testa. Se mi minacciano per quello che faccio, almeno muoio per le mie idee. Certo potrebbero dirmi abbiamo conosciuto tua moglie, sappiamo dove vanno a scuola i tuoi figli… So che cosa significa… Ma so anche che il male dà un profitto immediato, mentre il bene va costruito... Ci sono le cadute e ci rialziamo”. Fonte: Il Cannocchiale

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