«Pino era come carta moschicida per come attira i giovani». E poi. «Mio fratello era piccolo ma aveva il 43 di piede e mani grandi così. In più aveva le orecchie a sventola e la testa pelata». E ancora. «A chi lo chiamava “monsignore” invariabilmente rispondeva to’ patre». Raccontano il “loro” padre Puglisi: il più intimo, il più privato, il più personale. Sono i familiari del prete ucciso dalla mafia venticinque anni fa. I due fratelli di don Pino, prima di tutto, ossia Gaetano e Francesco. Ma anche le rispettive mogli, Giacoma e Angelina, e i loro figli, vale a dire i nipoti. Parlano con cuore aperto benchè la loro sia una famiglia marcata dalla ritrosia e in parte ancora segnata dal dolore di quella morte. Le loro testimonianze sono al centro del libro Padre Pino Puglisi martire di mafia che, è svelato «per la prima volta» dai suoi parenti più stretti. L’autore del volume è Fulvio Scaglione, già vicedirettore di Famiglia Cristiana e oggi commentatore di attualità internazionale per Avvenire, che – scrive nell’introduzione – ha provato a «raccontare il beato Pino Puglisi con i loro occhi e i loro sentimenti», quelli dei familiari appunto, per «capire che cosa vedevano e sentivano loro del santo e dell’eroe».
«Una volta – dice Francesco – mi hanno chiesto: quando vi siete accorti di avere un santo in casa? Ho risposto: mai». E con amarezza ammette: «Avrei preferito avere oggi mio fratello vivo in casa che non avere in famiglia un santo…». Prete vicino alla gente, don Puglisi è stato per tre anni parroco a Brancaccio, quartiere d’origine della famiglia. Giacoma ricorda un episodio. «C’era una donna che faceva la prostituta e andava sempre in chiesa a prendere dal piatto perché non ce la faceva più a tirare avanti. Pino notò, la avvicinò, le chiese di che cosa aveva bisogno. E cominciò ad aiutarla con le bollette e i conti di casa. Lei fu’ così colpita da quel gesto che cominciò a frequentare la Messa e cambiò la vita». Nel libro – che ha la prefazione dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice – viene dato ampio spazio al Centro Padre Nostro, il “ pronto soccorso” sociale voluto Brancaccio da Puglisi. E ancora oggi il prete martire resta un riferimento domestico. «Lui era sempre presente nella nostra famiglia e lo è tuttora anche se non c’è più – confida Francesco. A noi fratelli e ai suoi nipoti, di fronte a qualche difficoltà, viene spontaneo chiedersi: ma Pino come si sarebbe regolato? Che cosa avrebbe fatto in questa situazione». Voce di speranza che i colpi di pistola dei killer di Cosa Nostra non hanno certo messo a tacere.
Giacomo Gambassi
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